La trasparenza della contabilità condominiale. Considerazioni critiche alla luce di alcuni recenti sviluppi giurisprudenziali

La trasparenza della contabilità condominiale. Considerazioni critiche alla luce di alcuni recenti sviluppi giurisprudenziali

 

Tra le principali novità introdotte dalla Riforma del Condominio figurano sicuramente le disposizioni dettate in materia contabile, volte a incrementarne il livello di trasparenza.

Il condòmino si deve sempre attivare per ottenere la copia della documentazione contabile

Evoluzione di una tutela. L’art. 1130 c.c., nella sua formulazione ante-Riforma, disponeva in via estremamente generica che l’amministratore alla fine di ciascun anno rendicontasse la sua gestione in sede assembleare, non sussistendo alcuna previsione in ordine alle modalità ed ai criteri a cui attenersi nella redazione del relativo documento.

Interpretando tale inciso in materia di redazione del rendiconto annuale, si evidenzia come l’amministratore non aveva alcun obbligo di attenersi a schemi predefiniti, né tantomeno a specifiche modalità (con riguardo ai contenuti) e criteri di redazione.

In merito a tale inciso, per far fronte alle carenze normative, la giurisprudenza è intervenuta più volte precisando che il rendiconto annuale deve ispirarsi a criteri di chiarezza, di intelligibilità e di semplicità (Cass. Sez. Civ. n. 8877del 28 aprile 2005; Cass. Sez. II, Sent. n. 1405 del 23 gennaio 2007).

Secondo una particolare pronuncia (Cassazione, sentenza 1405/2007), non è necessario che la contabilità sia tenuta dall’amministratore «con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; né si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell’organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all’approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall’amministratore alla stregua della documentazione giustificativa».

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La riforma con l’obbiettivo della trasparenza. Tra le novità più significative della riforma si annoverano i quattro registri previsti dal nuovo articolo 1130 del Codice civile.

Nel dettaglio il registro di anagrafe condominiale, deve contenere le generalità di ogni condomino, dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento (inquilini), con i codici fiscali, residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza.

Il condomino che abbia difficoltà ad individuare i dati da inserire potrà trasmettere le schede catastali o le cosiddette certificazioni di conformità relativi agli impianti tecnologici.

La legge non esige che l’amministratore vesta panni da investigatore, ma anche la redazione del registro richiede diligenza ed imporrà di reagire a situazioni che palesino margini di opacità o di pregiudizio.

Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni.

In caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, l’amministratore deve richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe.

Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisirà le informazioni necessarie e ne addebiterà il costo ai responsabili.

Nel registro dei verbali delle assemblee sono inseriti i verbali ed annotate le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne abbiano fatto richiesta. Deve essere allegato il regolamento di condominio, se esistente.

Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale.

Infine, nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, i singoli movimenti in entrata ed in uscita entro trenta giorni da quello dell’effettuazione. Il registro può tenersi anche con modalità informatizzate.

La tenuta dei registri impone di adottare la numerazione progressiva delle relative iscrizioni.

Le scritture e i documenti giustificativi dovranno essere conservati per dieci anni dalla registrazione.

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La trasparenza del rendiconto. L’art. 11 della Riforma, introducendo all’interno del Codice civile il nuovo art. 1130-bis (rubricato “Rendiconto condominiale”), dispone che questo contenga “le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve”, secondo modalità tali da consentire una “immediata verifica”.

In sintesi, i nuovi obblighi dell’amministratore sono: apertura di un c/c bancario o postale a nome del condominio sul quale movimentare in via esclusiva le somme ricevute o erogate per conto del condominio stesso; possibilità di tracciabilità e controllo da parte del singolo condomino, «per il tramite dell’amministratore« ; registro di contabilità (anche informatico) dove sono annotati, entro trenta giorni, i movimenti di cassa sul conto corrente dedicato al condominio; l’approvazione del rendiconto è disciplinata sia nel n. 1 dell’articolo 1130 sia nel successivo n. 10.

La nuova disposizione mira ad assicurare maggiore trasparenza nella gestione contabile dell’amministratore, difatti il rendiconto è annuale e deve contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino; in particolare, si prevedono come elementi imprescindibili del rendiconto il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e una nota di accompagnamento sintetica esplicativa della gestione annuale.

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I criteri per la redazione. La contabilità condominiale, per prassi, è una contabilità da tenere secondo il principio della “cassa” e non quella della “competenza” (preferibilmente, utilizzando la tecnica della “partita doppia”).

La differenza tra i due sistemi si coglie nella modalità di registrazione delle spese: mentre il criterio della “cassa” annovera la registrazione delle entrate e delle uscite soltanto se effettivamente sostenute, quello della “competenza” ne dispone l’annotazione nelle scritture solo quando esse siano maturate, essendo irrilevante la relativa percezione o erogazione delle somme di danaro.

Il codice del condominio, in proposito, non prevede alcuna preferenza di sorta; tuttavia, dalla combinata lettura degli articoli 1130 nr 10 e 1130 bis c.c. sembrerebbe che il Legislatore abbia accordato la preferenza al sistema di registrazione delle spese per “cassa”, visto che, nelle norme in considerazione, si fa riferimento alla natura annuale del rendiconto e si chiede all’amministratore di evidenziare i rapporti in corso e le questioni in corso pendenti, oltre che di offrire in comunicazione ai condòmini, ove incalzato in proposito, i giustificativi di spesa (che, in quanto tali, sussistono in genere solo laddove emessi e quietanzati). In questo senso, i giudici di legittimità (Cass. civ. sez.

III, 9 maggio 2011 n. 10153) hanno affermato che principio basilare (trasparenza materia contabile) è quello di redigere un rendiconto con un metodo che faciliti il controllo dei dati presenti in questo documento.

Sicché, l’obbiettivo è quello di individuare il metodo o il criterio più corretto per raggiungere tali risultati: “il sistema che permette di raggiungere tutti questi obbiettivi è il c.d. principio di cassa, ossia le spese effettivamente sostenute e le entrate effettivamente riscosse “.

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La discussione e l’approvazione del rendiconto. L’articolo 1130 n 10 codice civile prevede che l’amministratore sia tenuto a convocare annualmente l’assemblea dei condòmini per sottoporre la discussione e l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130 bis codice civile.

Analizzando la disposizione in esame si evince che la data di presentazione del rendiconto dovrebbe esser fatta coincidere con il termine finale dell’anno finanziario, che in condominio degli edifici coincide, generalmente, con quello di chiusura dell’anno legale, e cioè col 31 dicembre di ciascun anno.

L’amministratore sarebbe così tenuto a convocare l’assemblea dei condomini per discutere e deliberare sull’approvazione del rendiconto entro il 30 giugno di ciascun anno.

Il controllo di una corretta gestione e la nomina del revisore contabile. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio.

La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà; l’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari.

Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo. Si può quindi dire che l’intero processo contabile mira all’informazione verso i clienti, e ad un maggior controllo sull’attività dell’amministratore. In merito all’attività del revisore, questa potrebbe essere connotata da scopi differenti a seconda del fatto che la stessa sia tesa a:

  1. predisporre un rendiconto consuntivo nell’ipotesi in cui il medesimo non sia stato ancora formato;
  2. verificare la contabilità nell’ipotesi di un rendiconto formato, ma non approvato;
  3. verificare la contabilità nell’ipotesi di un rendiconto redatto e approvato, dal quale, solo successivamente alla scadenza del termine di cui all’art. 1137, comma 2, Codice civile, emergano criticità nella gestione del patrimonio comune (ad esempio, ammanchi di cassa; inserimento di poste contabili non preventivate; spese urgenti non ratificate; asserite anticipazioni da parte dell’amministratore; ecc.).

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La verifica delle poste condominiali: l’estratto del conto corrente condominiale. L’amministratore deve consentire l’immediata verifica delle poste contabili riportate in sede di rendiconto, e, quindi, sarebbe tenuto ad allegare al documento contabile anche i giustificativi bancari del caso.

A tal fine il conto corrente condominiale è in grado di segnare l’esistenza di tutta la movimentazione d’interesse del condominio degli edifici.

Difatti l’estratto del conto corrente bancario o postale, con gli opportuni distinguo di sorta, potrebbe equivalere quindi al “registro di contabilità” periodica (pure previsto dall’articolo 1130 bis c.c.), in virtù del quale l’amministratore è tenuto ad annotare in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita.

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I controlli fiscali sulla documentazione contabile del condominio. La documentazione contabile condominiale può anche essere oggetto di accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Sull’argomento in esame, recentemente è intervenuta la Commissione Tributaria di Roma con la sentenza 4907/016 in merito alla presunzione di entrate in nero.

Nel caso in esame, l’avviso di accertamento nei confronti di un amministratore era basato su indagini bancarie e metteva in luce dei redditi incongruenti rispetto ai numerosi condomini gestiti e riconducibili all’attività autonoma svolta dalla contribuente.

In particolare, il fisco accertava a fini Irpef un maggior reddito da lavoro autonomo derivante dalla differenza tra i maggiori versamenti e i costi e le spese sostenute.

A sua volta, il professionista si difendeva affermando che dai movimenti sul conto personale emergeva che tutte le somme versate provenivano da incassi condominiali e, allo stesso modo, tutti i prelievi erano stati usati in favore dei fornitori condominiali o per il pagamento di utenze condominiali.

Premesso ciò, a parere della Commissione, la somma derivante dai diversi importi indicati «nelle distinte di versamento non erano riconducibili alle ricevute condominiali, né c’era corrispondenza degli importi, né veniva provata dal contribuente la provenienza dei numerosi assegni indicati nelle distinte medesime mediante il deposito di eventuali tabulati, resoconti da effettuare nella gestione dei numerosi condomini al fine di rendere tracciabili le operazioni contabili effettuate».

In virtù di quanto esposto, è stato rivenuto il principio di diritto in base al quale soltanto presentando i tabulati delle spese condominiali l’amministratore può “salvarsi” dall’accertamento sul maggior reddito e basato sulle indagini bancarie sul conto personale;se, al contrario, il contribuente non fornisce la prova dell’inerenza, cioè della corrispondenza degli importi, il fisco sarà legittimato al recupero fiscale delle somme”. In conclusione, la vicenda in esame si è conclusa con il recupero fiscale da parte dell’Ente essendo l’accertamento fondato su indagini bancarie determinato per presunzione legale ex articolo 2728 c.c. (trattandosi di movimentazioni bancarie non giustificate che individuano operazioni non contabilizzate).

L’annullamento del rendiconto. Per l’annullamento dei consuntivi per vizi di vario genere, occorre impugnare le relative delibere assembleari di approvazione, nel termine previsto dall’articolo 1137, comma 2, del Codice civile.

Si ritiene, pertanto, che i vizi relativi alla redazione del consuntivo (mancanza del registro di contabilità, mancanza di “trasparenza” e di “intellegibilità” del rendiconto eccetera) debbano essere impugnati dal condomino (assente, astenuto o dissenziente), previo esperimento della procedura di mediazione, ex Dlgs 28/2010, nel termine di 30 giorni, trattandosi di delibere annullabili (e non radicalmente nulle).

In proposito, l’articolo 1137, comma 2, del Codice civile dispone che «contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data di deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti».

Sul tema, si ritiene tuttora valida la giurisprudenza secondo cui «la deliberazione dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell’amministratore può essere impugnata dai condòmini assenti e dissenzienti… non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità… non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera, da considerarsi, perciò annullabile» (Cassazione, 4 marzo 2011, n. 5254, e 20 aprile 1994, n. 3747).

Da ultimo, in giurisprudenza di merito è stato ulteriormente osservato che nel caso in cui il resoconto contabile presenti risultanze che, quanto a pertinenti profili di chiarezza e intellegibilità, non appaiono idonei a rendere una realistica e veritiera rappresentanza dell’amministrazione dell’ente condominiale, il pertinente elaborato assembleare, quand’anche sorretto da un quorum approvativo, deve ritenersi affetto da invalidità (nella specie, annullabilità).

Ne consegue che, laddove l’assemblea approvasse un documento contabile carente dei detti caratteri, la delibera si porrebbe in sostanziale violazione delle prescrizioni dell’art. 1135 c.c., il quale, nel delineare le competenze dell’assemblea, implicitamente presuppone che le delibere, attraverso cui l’azione di amministrazione trova esplicazione, costituiscano uno specchio fedele dell’effettivo andamento gestionale (In senso conforme si è espresso anche il Tribunale di Roma con la sentenze n. 24446 del 5 dicembre 2015 e n.104 del 7 gennaio 2016)

Fonte http://www.condominioweb.com/contabilita-condominiale-trasparenza-obblighi-amministratore.13103#ixzz4Mm8jS3z9 
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